La viva impazienza dei materiali d’archivio

È sempre viva la visione di Cesare Zavattini, che definisce l’AAMOD «un archivio più del presente che del passato, dove i materiali […] sono percorsi da una viva impazienza di entrare nella dialettica odierna delle lotte democratiche, di contribuire a creare una informazione più libera fin dalla sua radice».

Nello stesso contesto Zavattini affermava: «Ogni copia della “pizza”, come si chiama in gergo, potrà essere rimanipolata, rimontata, per poi rifluire nel nostro Archivio […]. Non è un cinema di spettatori, ma una delle varie maniere di fare cinema insieme».
(C. Zavattini, 28 gennaio 1980, intervento alla presentazione delle attività dell’Archivio Storico Audiovisivo del Movimento Operaio).

Una concezione, per quegli anni, davvero insolita e premonitrice per un’istituzione dedicata alla conservazione, ribadita anche tra gli scopi prioritari del primo statuto dell’Archivio, che recita, tra le altre finalità, “l’uso collettivo dei materiali”. A distanza di più di quarant’anni, il proposito di Zavattini continua a provocare la nostra progettualità. E quei materiali, allora impazienti di entrare nella dialettica delle lotte democratiche, possono oggi essere messi al servizio di nuove costruzioni di senso, capaci di tentare visioni alternative della realtà e di contribuire all’emancipazione individuale e sociale.

Da tale consapevolezza è nata alcuni anni fa, in seno all’Archivio, una piattaforma di iniziative denominata “UnArchive”. Il termine (mutuato dal linguaggio informatico, letteralmente “disarchiviare”), è stato scelto non solo per le sue assonanze, ma anche perché ha origine in ambito digitale (è il comando utilizzato per decomprimere gruppi di file compressi o zippati). E associare a un archivio sostanzialmente analogico un’azione digitale ci è sembrata un’indicazione di lavoro importante, oltre che una decisa presa d’atto della necessità di confrontarsi, anche come Archivio, con le potenzialità – e certamente anche le insidie – dell’era digitale.

UnArchive è una sorta di costellazione che comprende diversi progetti pluriennali (il premio Cesare Zavattini, la residenza artistica Suoni e visioni, alcuni progetti produttivi), ciascuno con una propria identità, ma parte di un orizzonte comune: la valorizzazione di percorsi di formazione, produzione e promozione incentrati sul riuso creativo delle immagini d’archivio.

UnArchive Found Footage Fest vuole essere il punto d’arrivo di un percorso, ma al contempo un momento di grande rilancio delle pratiche legate al found footage, per il quale abbiamo ricercato la collaborazione di tanti soggetti nazionali e internazionali animati da finalità analoghe, nella consapevolezza che il grande tema dei patrimoni audiovisivi e cinematografici, della loro conservazione, diffusione e riuso nell’era digitale, abbraccia tutte e tutti noi, ciascuno a partire dalle proprie esperienze e sensibilità.

Un particolare ringraziamento va rivolto ai molti partner del festival, in particolare alla Direzione Cinema e Audiovisivo del MiC, che ha subito compreso la qualità e il grado di innovazione del progetto, e all’Archivio Luce, “alleato” ormai consolidato di molte attività della nostra Fondazione.

Infine è un onore per l’Archivio poter contare sulle competenze, per la prima edizione del festival, di due direttori artistici d’eccezione, Alina Marazzi e Marco Bertozzi, riferimenti imprescindibili nell’attraversare le complesse e variegate pratiche legate al found footage, coadiuvati da un gruppo di lavoro appassionato e capace.

L’Archivio non ha nulla da insegnare, ma molto da apprendere da simili esperienze, che ci aiutano a riconcepire continuamente il senso del nostro patrimonio e ad allargare i nostri orizzonti d’azione, nello sforzo incessante di far vibrare i materiali d’archivio di quella viva impazienza di cui ci parlava Zavattini.

Luca Ricciardi
Ideazione e direzione organizzativa
UnArchive Found Footage Fest
Vincenzo Vita
Presidente
Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico

UnArchive, un saluto dal cinema che brucia

UnArchive vuole essere un duplice invito: quello suggerito nel nome stesso del festival – “dis-archiviare” le immagini conservate negli archivi – e un invito al cinema. Il cinema che proponiamo al pubblico durante le giornate del festival è il cinema che maggiormente ci interpella e ci affascina, come spettatori, artisti, studiosi e curiosi. È il cinema che fa di una continua ricerca estetica il suo motore. È il cinema che non cessa di interrogare le rappresentazioni del linguaggio visivo. È il cinema di found footage che, nella sua pratica di ri-lettura e ri-semantizzazione delle immagini, produce nuovi significati e chiavi di interpretazione del contemporaneo.

Ė all’interno di questo cinema che l’idea documentaria più sperimentale conquista un pubblico comune, fra sale cinematografiche e spazi dedicati all’arte. Nuovi immaginari capaci di coinvolgere poetiche assai diverse, in una via estetico-pragmatica al documentario che non risponde a un manifesto a priori ma coinvolge il dispositivo filmico in un gesto multiplo, capace sia di testimoniare che di fabbricare il “reale”. Non un movimento, non una dottrina, ma esperienze in grado di creare opere ibride e pensanti: film consapevoli di tenere insieme sguardo realistico sul mondo e sguardo sul proprio sguardo, sul modo stesso con cui lo sguardo costruisce il mondo.

Per questo abbiamo accolto con entusiasmo la proposta di AAMOD di assumere la direzione artistica di UnArchive, una responsabilità e un piacere che condividiamo insieme al gruppo di lavoro del festival.
Da alcuni anni AAMOD ha iniziato un processo di apertura a percorsi di riuso creativo del patrimonio, ed è in questa scia che nasce il desiderio di proporre la visione di opere che si confrontano con questa sfida. In un momento in cui la presenza delle immagini d’archivio è diffusa anche nel cinema di finzione o nel documentario più classico, l’esigenza di interrogare le rappresentazioni del passato con l’intento di decolonizzare le narrazioni visive ci impone di dare spazio a opere che mettano al centro della propria visione l’archivio ma che non lo utilizzino in funzione illustrativa o storica. Dunque film nati dalle ceneri di altri film, da fondi abbandonati, da sguardi amatoriali, ma capaci di creare paesaggi centrifughi, in una messa in movimento assieme psichica e collettiva, etica e politica, per scavi negli immaginari più profondi della nostra contemporaneità.

Non ci interessa la corsa all’anteprima festivaliera quanto, piuttosto, spingerci lontano, un po’ ovunque nel mondo, per esplorare opere e autori ai bordi del visibile. Così abbiamo composto un programma variegato, tra cortissimi e lunghissimi, performance con proiezioni e musica dal vivo, incontri e installazioni anche esterne alla sala cinematografica. Le sezioni, competitive e non, volgono lo sguardo principalmente al presente: ma non abbiamo trascurato focus su produzioni del passato, come la selezione di film sperimentali e “ready made” proveniente dalla collezione del Centre Pompidou di Parigi, o su artisti contemporanei come l’omaggio alla cineasta canadese Louise Bourque. Vogliamo anche riproporre alcuni film di maestri del cinema – come i recenti lungometraggi di Aleksandr Sokurov e Werner Herzog – perché crediamo sia importante rivederli nel contesto di UnArchive e dare la possibilità a un pubblico non specialistico di poterne godere.

Siamo affascinati dalle nuove esperienze cinematografiche offerteci dal found footage, dallo straniamento prodotto da molti dei film selezionati, capaci di ribaltare convenzioni filmiche e dissotterrare inesplorate attitudini trasgressive. Opere che resistono sia all’idea di distruzione che a quella di sopravvivenza; e riconfigurano, di volta in volta, di uso in uso, la loro nuvola semantica in un procedere dialettico, senza reti di protezione. Si tratta di forme cangianti, in cui il poetico e il politico esplodono in un reale gravido di desiderio e saturo di conflitti. Un’onda internazionale, per cui tanti sono gli autori che partecipano al festival, sia per presentare il loro lavoro, sia per incontrare il pubblico in un dialogo aperto sulle mutanti forme del riuso. Uno spazio particolare è dato al regista rumeno Radu Jude che terrà una masterclass sul suo cinema e sulla sua particolare esperienza con il found footage, in un incontro coordinato insieme al Centro Sperimentale di Cinematografia. UnArchive è anche luogo di scambio di idee e di riflessione teorica, oltre a essere vetrina di opere di giovani cineasti e studenti che presentano il frutto dei percorsi di formazione e il risultato di residenze artistiche.

Due giurie, una principale e una giuria di studenti, assegneranno premi e riconoscimenti a quelle opere che riterranno di maggior interesse nell’ambito della ricerca e della sperimentazione del linguaggio cinematografico. Contro le abitudini dello sguardo, attraversando le frontiere di un cinema che si nutre di visioni futuribili e iniezioni di passato, il seducente anacronismo del found footage ci accompagnerà in questa prima edizione di UnArchive. Dunque buone visioni a tutte/i, e grazie ancora all’AAMOD, alle tante istituzioni che hanno collaborato e alla nostra fantastica equipe!

Marco Bertozzi
Alina Marazzi
Direzione artistica

www.unarchivefest.it
segreteria@unarchive.it
06 5730 5447